Martina Guzzi, 24 anni, studentessa di Lettere con un futuro brillante davanti a sé, è morta il 28 maggio scorso in un incidente stradale. La tragedia sarebbe stata causata da un airbag difettoso, marca Takata, montato su una Citroen C3. La giovane guidava l’auto del suo ragazzo, che aveva ricevuto una lettera di richiamo per il controllo e la sostituzione dell’airbag difettoso, ma non aveva ottenuto risposta dalla casa automobilistica. La Takata, l’azienda giapponese responsabile della produzione di questi airbag, è fallita nel 2017 dopo aver causato oltre 27 morti e 400 feriti solo negli Stati Uniti. Il caso di Martina è il primo noto in Italia e solleva nuovamente l’allarme sulla sicurezza di milioni di auto in circolazione. La sua famiglia cerca giustizia per una morte che si poteva evitare. La dottoressa Isabella Aquila direttrice della Scuola di specializzazione di Medicina Legale e l’ingegner Roberto Arcadia, dell’Ufficio della Motorizzazione civile, consulenti della Procura di Catanzaro hanno confermato che l’airbag difettoso ha sparato un corpo metallico ad alta velocità, uccidendo Martina: «Si esclude altra lesività traumatica riconducibile all’incidente in cui è rimasta coinvolta la signora Guzzi Martina», e invece «dal punto di vista medico legale si può concludere che la sua morte sia in nesso di causalità diretta con un malfunzionamento del sistema di detonazione dell’airbag che, a seguito dell’urto, proiettava ad alta energia cinetica un corpo metallico con modalità di urto e lesività assimilabili a ferita d’arma da fuoco». Questa tragedia richiama l’attenzione su una problematica globale che ha già portato al richiamo di milioni di veicoli.